domenica 13 marzo 2016

LOVE BOMBING Recensione

Teatro dell’Orologio
stagione 2015 – 2016
CAMBIAMENTO REALE

LOVE BOMBING
NEST – Napoli Est Teatro
dal 10 al 13 marzo 2016

scritto e diretto da Giuseppe Miale di Mauro
con Gennaro Di Colandrea, Giuseppe Gaudino, Antonio Marfella, Adriano Pantaleo, Giovanni Serratore, Andrea Vellotti
luci Luigi Biondi e Giuseppe Di Lorenzo
scenografia Carmine Guarino e Dino Balzano
costumi Giovanna Napolitano
grafica e foto di scena Carmine Luino
organizzazione Carla Borrelli
ufficio stampa Valeria Aiello
produzione Napoli Est Teatro
in collaborazione con BluTeatro

SALA MORETTI
da giovedì a sabato ore 21:30 | domenica ore 18:30

LOVE BOMBING è uno spettacolo bellissimo, che incarna in se, lo scopo, almeno attuale, del teatro, ovvero quello di essere, purtroppo l'unica zona franca rimasta in cui si possa fare davvero INFORMAZIONE, e non contro informazione come fanno tutti gli altri media, se non il cinema con qualche film indipendente, o qualche giornalista cane sciolto. Fare quindi chiarezza, urlando, se necessario, su quale potrebbe essere il prossimo futuro dell'umanità se non cambia qualcosa di interno. Cosa deve cambiare? La consapevolezza che la situazione che stiamo vivendo, a ridosso degli attentati di Parigi del 13 novembre, ma anche prima degli stessi è una situazione creata a tavolino, come lo è la crisi economica, da una piccola oligarchia di potenti per addormentare lo spirito del popolo, e poter meglio governare pro domo. Lo spettacolo è molto suggestivo, la scenografia, con un soffitto molto basso che costringe gli attori, quando non seduti o sdraiati ad assumere una postura non del tutto eretta, come se ci fosse, appunto, tolto lo spirito, una regressione, un involuzione della specie. L'atmosfera è cupa, claustrofobica, ma anche, personale, ognuno dei personaggi, porta dentro di se, un mondo legato al suo passato, diverso da quello degli altri, che al contempo è complementare e funzionale per il "mènage" del bunker, ma anche unificante nella consapevolezza della inutilità della sopravvivenza, perchè tutti hanno perso tutto. Un coartato arrivo esterno, smuoverà le acque, mettendo gli abitanti del bunker di fronte ad una realtà che non conoscevano, o meglio non conoscevano fino in fondo. La parola, la comprensione profonda, della disperazione, e delle ragioni dell'altro porteranno all'accendersi della lampadina nella mente dei reclusi e a trovare se non una via di uscita dalla loro situazione contingente, un punto di svolta che li farà uscire per sempre, in quanto cittadini dal giogo delle potenze più o meno occulte, per rendergli la libertà di pensiero, affrancarli dalla paura di un nemico creato ad hoc, e che a forza di crederci è diventato reale.
Miriam Comito



Perché Love Bombing? Perché parlare di Stato Islamico, di jihad, di resistenza, di sopravvivenza?
Partiamo col dire che il collettivo Nest ha nel suo dna utilizzare il teatro come mezzo artistico per denunciare con feroce concretezza le malattie di cui è affetta la nostra società, con un occhio sempre vigile sulle problematiche universali di un mondo, geograficamente parlando, sempre più in difficoltà. Tenta di esprimere attraverso il linguaggio teatrale, un deciso dissenso verso chi cova il desiderio di lobotomizzare la massa per indurla più facilmente al proprio tornaconto personale.
L’attenzione all’attualità, alla cronaca, alle problematiche che attanagliano il nostro spazio vitale e creativo, sono da sempre spunto di riflessione per il collettivo Nest, e molto spesso diventano gli argomenti degli spettacoli che si decide di portare in scena. Sottoporli all’attenzione di un pubblico che ha voglia di sapere, di scoprire, di riflettere, di accendere la luce su quello che troppo spesso è volontariamente tenuto al buio da altri mezzi di comunicazione, diventa per noi una mission cui tendiamo, linfa vitale che ci fa sentire in grado di toccare l’animo umano troppo spesso costretto ad assopirsi di fronte al “niente” proposto.
Ecco, la messa in scena di LOVE BOMBING va esattamente e precisamente in questa direzione, un progetto che punta il faro su quella che è la minaccia dello Stato Islamico, ma soprattutto immagina quello che potrebbe essere in futuro. Utilizzando il teatro come luogo di ragionamento e approfondimento, immaginando quello che non c’è ma che potrebbe esserci. Sperando di aver francamente toppato qualsiasi tipo di previsione.
Collettivo Nest (Napoli est Teatro)

NOTE DI REGIA

«…Finora, comunque, in base a tutto quello che si sa sull’ISIS e sulla sua capacità militare, non rischiamo la distruzione di massa. La rischieremmo se lasciassimo diventare il Califfato molto più potente di quello che è ora.»

Quando ho letto queste righe in un articolo di Stefano Magni (L’Opinione – 09/2014), pensai che sarebbe stato interessante raccontare proprio quel “rischio”. Pensai che raccontare una distruzione di massa voleva dire raccontare la degenerazione umana. A quel tempo stavo guardando la serie tv “The Walking Dead”, e mi parve interessante l’idea drammaturgica che ne veniva fuori: i morti viventi erano un pretesto per raccontare i vivi morenti.
Così ho immaginato che il mondo abbia fatto diventare il califfato molto più potente di quello che è ora, e che i Mujahideen abbiano conquistato l’occidente sterminando chiunque non fosse musulmano. Un nuovo genocidio, e come tale, non diverso da quelli passati.
Lo stato Islamico, quindi, come pretesto per raccontare il disfacimento dell’umanità.
Ho nascosto cinque uomini in un bunker (come facevano gli ebrei) nel disperato tentativo di sopravvivenza. Creando un microcosmo in cui resiste il senso di appartenenza, di fratellanza, quel briciolo di civiltà che l’attacco islamico sembra aver sepolto insieme a tutte le teste tagliate, finché uno del gruppo riesce a catturare un Mujahideen e decide di portarlo all’interno del bunker per torturarlo e vendicarsi.
È questo l’episodio che scatenerà un conflitto tra i cinque personaggi e li costringerà a dover scegliere tra quello che erano e quello che sono diventati. Un ultimo tentativo di restare umani in un contesto apocalittico che fa perdere le identità e che trasforma gli uomini in animali. Da qui l’idea di abbassare scenograficamente il tetto del bunker costringendo gli attori a non poter assumere più una posizione eretta, come se il cerchio dell’evoluzione di Darwin si fosse chiuso su se stesso e avesse ricongiunto l’uomo alla scimmia.
C’è chi sostiene che la guerra sia insita nell’essere umano come la vita e la morte. Quella guerra che annulla ogni forma di civiltà, di umanità, e che trasforma gli uomini viventi in morti viventi.

Giuseppe Miale di Mauro



INFO E PRENOTAZIONI
La prenotazione è vivamente consigliata
06 6875550 | biglietteria@teatroorologio.com
le prenotazioni possono essere effettuate dal lunedì al venerdì dalle 11:00 alle 19:00
INTERO // 15 euro
RIDOTTO // 12 euro
ingresso consentito ai soli soci: tessera associativa annuale 3 euro

Teatro dell’Orologio
Via dei Filippini 17/A
00186 - Roma


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