mercoledì 30 settembre 2015

IL METODO Recensione

PRODUZIONE OFFICINE DEL TEATRO ITALIANO- OTI
presenta


GIORGIO PASOTTI FIORELLA RUBINO GIGIO ALBERTI
e con ANTONELLO FASSARI
in
IL METODO


di JORDI GALCERAN
versione italiana di PINO TIERNO


regia di LORENZO LAVIA


SCENE GIANLUCA AMODIO
COSTUMI ALESSANDRO LAI 




SALA UMBERTO
Via della Mercede 50 -Roma


Dal 29 SETTEMBRE al 18 OTTOBRE 2015



Lo spettacolo  il metodo  tratto dalla Commedia Il metodo Gronholm di Jordi Galceran ha un  respiro universale,tanto da poter essere ambientato ovunque,infatti, pur svolgendosi in una sala di attesa di una grande multinazionale il sottotesto richiama ad una dimensione ben più ampia, quella ahimè dell'intera società in cui abbiamo l'avventura di vivere.
In una scenografia fatta di trasparenze architettoniche e ikeosi oggetti di arredamento saturi di colore si incontrano quattro  candidati per l'ultimo colloquio congiunto per l'ambitissimo posto di manager. Tutti ben caratterizzati nei loro personaggi che  attraverso una attenta osservazione e successiva riflessione ne è possibile decifrare, la loro essenza ultima, ma non nell'immediato...velare per svelare...
L'inquietante tubo trasparente attraverso cui dall'alto scendono "le prove" a cui sono sottoposti i candidati dà l'idea di una vera e propria sperimentazione imposta dall'alto a cui non è possibile sottrarsi, anche perché dà l'ingenua impressione di essere noi stessi a decidere il da farsi, e là che facendo leva sull'emotività, scatta la trappola della falsa credenza di essere liberi e attivi: la cosiddetta  Intelligenza creativa. Tra le varie prove a cui sono sottoposti i candidati c'è anche quella dei cappelli, ognuno di loro dovrà indossare un cappello a caso tra quelli forniti....uno da pagliaccio, uno da politico, uno da vescovo, e uno da torero. Ognuno dovrà dimostrare che se si trovasse a bordo di un aero in picchiata e esistesse un solo paracadute, proprio lui dovrebbe salvarsi, perché più utile al mondo degli altri. Il Torero chiaramente finisce la sua arringa dicendo che è impossibile salvare un personaggio tale.
Per tutto lo spettacolo mi sono chiesta, ma i candidati sono tutti quattro veri? Tanto il testo riesce coinvolgente, e il pensiero ricorrente era....in che società siamo costretti a vivere, dove è così radicata la convinzione di un unico simbolo che ci sovrasta, ma se si è ribelli di natura, ci si accorge dell'inganno e si pensa con la propria testa
Miriam Comito



La commedia dell’autore catalano Jordi Galceran racconta la crudeltà che spesso si manifesta nei rapporti di lavoro. Quanto può essere crudele un ambiente lavorativo? Fino a che punto possiamo permettere alle aziende di applicare gerarchie ingiuste e sottoporci a prove umilianti, pur di ottenere una posizione socialmente rispettata? E se rappresentato a teatro, fin dove arriviamo a crederlo verosimile? È su questi temi, quanto mai attuali che si sviluppa Il metodo.
In una sala riunioni asettica, si trovano, per l’ultimo colloquio “congiunto”, quattro candidati ad un incarico di manager per una importante multinazionale. I quattro personaggi si rivelano subito persone ciniche, disposte a tutto pur di ottenere l’unica cosa che per loro davvero conta: il solo posto disponibile.
In una busta chiusa arrivano delle prove e qui comincia il gioco, il thriller.
La drammaturgia è scorrevole e permette un vivo coinvolgimento del pubblico che si trova continuamente a dover valutare ciò a cui assiste: qual è la reale personalità dei candidati? Dov’è la verità e dove la menzogna? Lo spettacolo ha il grande pregio di riprodurre in scena ambienti e situazioni comuni a tutti, che viviamo ripetutamente nella quotidianità e ritroviamo sul palco con tutta un’altra suspense.
Un cinismo maieutico, che riesce a far risultare chiara, ma mai banale, la possibilità di rispondere “no” alle ingiustizie.


Note di regia:
Il Metodo Gronholm, questo è il titolo originale, anche se ho preferito chiamarlo semplicemente il Metodo, non solo per la sua immediatezza nella singola parola, ma anche per cercare di astrarre il più possibile ogni riferimento geografico o alla persona, come se questo “Metodo” di giudizio che servirà per scegliere uno dei quattro personaggi per un impiego, fosse anche un “Metodo” archetipo della società.
Una società che cerca sempre di sapere chi siamo, per poterci meglio controllare, una società pronta ad elevarci, per poi rigettarci verso il fondo. Uomini costretti ad umiliarsi per poter far parte della comunità globale in cui viviamo tutti quanti noi.
Nella commedia, viene usato il lavoro, come fondamento della nostra società, con tutti i suoi difetti di sessismo, razzismo, odio, menzogna, dove ci si deve velare per potersi svelare e una ipotetica multinazionale che qui diventa un simbolo religioso ed unico, che poi è in fondo il nostro fondamento culturale, quello giudaico cristiano che ci mette al di sotto di ciò che non vediamo.
Garcelan la chiama Dekia questa fantomatica multinazionale svedese, ed è chiaro che il gioco di parole con L’Ikea non è casuale, perché viene presa come la multinazionale assoluta, simbolo unico della nostra collettività. Ogni casa ha il suo crocifisso o l’immagine di Maometto o una stella di David o anche nessun simbolo religioso, ma è certo che la cosa che gli accomuna che in tutte queste case in qualunque parte del mondo, anche se sono in guerra tra loro, hanno almeno un oggetto dell’Ikea o “Dekia” in questo caso per noi.
Ed ecco perché ho scelto di far svolgere la storia in un luogo non luogo, che possa essere una stanza o il mondo intero e dove l’unico contatto con l’esterno, ovvero quello che non vediamo e non sentiamo, come tutte le cose di cui abbiamo fede o temiamo, viene dall’alto. Un luogo del profondo dove gli unici colori che esistono, arrivano dalle cose che noi usiamo ed indossiamo e consumiamo.
A parte il colore di un cielo che ogni tanto ci ricorda cosa siamo veramente
Lorenzo Lavia


SALA UMBERTO
Via della Mercede, 50 Roma
Tel. 06 6794753
Martedì ore 21, mercoledì ore 17, giovedì e venerdì ore 21, sabato ore 17 e 21 domenica ore 17
Prezzi da 32€ a 23€

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